Gli ITS sono una delle formule che favoriscono l’alleanza formativa a livello di territorio tra enti pubblici, scuole e imprese. Uno dei motivi alla base del loro successo è infatti il partenariato tra l’ente pubblico e il tessuto produttivo che opera sui territori di riferimento, che va nella direzione di ridurre il mismatch tra domanda e offerta di lavoro.
Ne abbiamo già parlato nel nostro articolo «Giovani e PNRR, dove guardare», e ora vi diamo conto di un importante aggiornamento.
La Commissione Istruzione e cultura del Senato ha infatti recentemente approvato una proposta di riforma dell’intero «Sistema ITS», che ora passerà al vaglio dell’Aula. Basterà poi il voto della Camera – a meno di ostacoli di percorso – per farla diventare legge, una legge in grado di cambiare il panorama della formazione italiana.
Quando si parla di ITS non ci si riferisce solamente alle consuete scuole superiori, quali a titolo di esempio gli istituti agrario, commerciale o per geometri, ma a dei percorsi formativi alternativi alla laurea e alla ricerca immediata di un lavoro post diploma che – dal momento della loro introduzione in Italia nel 2010 – hanno ottenuto risultati importanti dal punto di vista della loro validità in termini di successo occupazionale: dopo un anno l’83% dei diplomati ITS ha conseguito un lavoro (INDIRE, 2020) contro il 70% dei laureati (AlmaLaurea).
La riforma – che prevede la trasformazione degli ITS in fondazioni, secondo il modello della fondazione di partecipazione – verrà attuata grazie allo stanziamento di 1,5 miliardi di euro previsto dal PNRR, puntando a raddoppiare il numero degli iscritti a questi istituti.
Si interviene già a partire dal nome: con l’approvazione della legge si chiameranno infatti Istituti Tecnologici Superiori (ITS Academy) per sottolineare l’importanza della sfida che l’Italia dovrà affrontare nel campo della transizione ecologica e in quello della transizione digitale, attraverso un potenziamento dell’insegnamento della cultura scientifica e tecnologica e un forte orientamento all’innovazione.
Secondo la proposta di riforma, i finanziamenti agli Its non saranno più legati ai bandi, bensì a una programmazione triennale dell’offerta formativa (il Ministero dell’Istruzione ha previsto un fondo dedicato di 48 milioni l’anno a partire dal 2023).
Le risorse saranno destinate, oltre al miglioramento delle strutture, ad aprire nuovi percorsi formativi e ad ampliare la disponibilità di borse di studio per i nuovi iscritti. Sono inoltre previsti aggiornamenti costanti per i docenti e la possibilità di sottoscrivere «patti federativi» con le università.
Una parte delle risorse verrà infine destinata a istituire un sistema di monitoraggio e valutazione degli ITS.
Un altro punto cardine della riforma prevede che le imprese diventeranno un riferimento per gli Its sotto quattro punti di vista:
- la docenza dovrà arrivare «per almeno il 60% del monte ore complessivo» dal mondo del lavoro;
- almeno il 35% della durata del percorso sarà rappresentato da stage e tirocini aziendali, che potranno essere svolti anche all’estero e sostenuti da adeguate borse di studio;
- la presidenza della Fondazione Its è, di norma, «espressione delle imprese fondatrici e partecipanti»;
- per le aziende che investono negli Its è previsto un credito d’imposta del 30%, che sale al 60% se l’erogazione è fatta nelle province con maggior tasso di disoccupazione.
Fonti: Il Sole 24 ore; Skuola.net, Ipsoa
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