La gioventù: una generazione in(de)finita

A partire dal 2007, Fondazione Unipolis ha affidato a Demos&Pi, sotto la direzione scientifica del prof. Ilvo Diamanti, la conduzione di un’indagine annuale sulla percezione nell’opinione pubblica della sicurezza in Italia e nei principali Paesi europei. La sicurezza viene indagata con un’accezione ampia, non solo come problema di incolumità personale, ma come percezione dei rischi presenti e futuri e della domanda di protezione che da essa deriva. Il risultato delle analisi è stato negli anni raccolto e raccontato in un Rapporto con l’intento di far emergere i diversi aspetti e significati che il tema assume per portarli all’attenzione di istituzioni, organizzazioni e cittadini.

Il 29 giugno 2022 è stata presentata la XIV edizione del Rapporto «La gioventù: una generazione in(de)finita», che si focalizza sul tema della giustizia intergenerazionale. La ricerca è stata effettuata su un campione di 1.000 italiani con un sovra campionamento sulle fasce 18-29 e 18-21 anni e con una parallela rilevazione europea su Germania, Francia, Regno Unito e Polonia, con l’obiettivo di analizzare le relazioni intergenerazionali e la confidenza delle giovani generazioni verso il presente e il futuro, la percezione di giustizia generazionale da parte dei cittadini e dei ruoli dei diversi attori sociali.

La seconda parte del Rapporto – Giovani e (in)giustizia in Europa – si sofferma in particolare sulla «questione giovanile». Più precisamente, approfondisce il tema della (in)giustizia intergenerazionale attraverso l’analisi di alcuni aspetti peculiari quali «Giovinezza: definizione e condizioni di vita»; «Giustizia ambientale»; «Giustizia economica, lavoro e scuola»; «Diritti, istituzioni, informazione».

La fatica di diventare adulti

«La vera “questione” sollevata e sottolineata da questa indagine – scrive Ilvo Diamanti nel Rapporto – è il “futuro dei giovani”. Quasi una tautologia. Perché i giovani sono il futuro. E se ritengono utile “fuggire”, insieme a loro si eclissa anche il nostro futuro. Mentre noi ci abituiamo – e rassegniamo – alla vecchiaia. Che diviene una condizione“normale”. […] Certo la vecchiaia non è una malattia. Non è una anomalia. Va affrontata e vissuta. Perché è parte della nostra vita. Ma non va neppure dissimulata. Negata. […] Risulta, infatti, evidente e diffusa la “tendenza”, ma forse si potrebbe dire la “tentazione”, a spostare in avanti la giovinezza. A dirsi “giovani” più a lungo. Tanto più quando (e quanto più) si invecchia. Così, ci sentiamo, o meglio, ci diciamo “giovani” mentre allontaniamo l’età anziana. E la vecchiaia. Un po’ do-vunque, in Europa. Ma soprattutto nel nostro Paese. Di conseguenza, rinunciamo a divenire “adulti”. Perché tra giovinezza e vecchiaia lo spazio si stringe».

E prosegue: «Questo Osservatorio sulla Sicurezza, infatti, fa emergere molti segni di In-Sicurezza. In tutti i Paesi. Ma, soprattutto, in Italia. Dove, più che altrove, le età della vita – e la gioventù, in particolare – appaiono difficili da “de-finire”. De-limitare. E ciò proietta l’immagine di una gioventù in-finita, senza limiti. Mentre la vecchiaia avanza. E noi fatichiamo ad accettarla. Così, de-limitiamo il futuro. Dei giovani. E di tutti noi. Con il rischio di perdere di vista l’orizzonte. E dimenticare il passato».

Fonte: Unipolis

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