Dopo due anni di pandemia, con tutte le conseguenze a livello politico e sociale che questa ha comportato, i giovani sembrano aver modificato le loro priorità.
Carriera, istruzione e costruzione di una famiglia sono passati in secondo piano rispetto all’importanza attribuita, ad esempio, al tempo libero e alla tutela dell’ambiente.
Questo è quanto risulta dall’istantanea scattata dal «Rapporto Giovani 2022», a cura dell’Istituto Toniolo, ente fondatore dell’Università Cattolica (di cui avevamo dato notizia qui). La ricerca si basa su un campione di settemila giovani di età compresa tra 18 e 34 anni, intervistati tra novembre 2021 e febbraio 2022.
«La pandemia ha avuto un impatto profondo sulle nuove generazioni – afferma Alessandro Rosina, ordinario di Demografia e statistica sociale all’Università Cattolica di Milano e coordinatore scientifico dell’indagine. Non solo perché hanno dovuto cambiare temporaneamente le modalità di lavoro, di studio e di stare con gli altri, facendo tutto da remoto, ma perché attraverso questa esperienza hanno anche trasformato i loro valori. Danno più importanza al presente e tolgono spazio alla progettualità verso il futuro».
L’emergenza sanitaria, con il suo bagaglio di ansie e misure di distanziamento e isolamento, ha inciso negativamente sulle cosiddette soft skills che riguardano le abilità personali di fare squadra e comunicare con gli altri. Tali competenze trasversali (distinte da quelle prettamente tecniche) dipendono infatti in buona parte dal grado di autostima e benessere interiore. Stando al Rapporto, i giovani Millennials e della Generazione Z che hanno un’idea «molto» o «moltissimo» positiva di sé sono passati dal 53,2% del 2020 al 45,9 del 2022. Quelli che hanno un sogno nel cassetto sono scesi dal 68,4% al 61,3. Diminuisce anche l’entusiasmo nelle proprie azioni (-7%), il desiderio di imparare (-5,7%), la capacità di perseguire un traguardo (-7%), di lavorare in team (-5%) e l’empatia (-6,7%). Cala l’abilità comunicativa (-5,8%), quella di gestire conflitti (-5%) e dopo il Covid ne risente anche l’attitudine alla leadership (-3,8%).
«Ripartono da quello che vogliono dalla vita – osserva Rosina – e non da quello che la realtà offre loro. Non intendono più adattarsi al ribasso, perché altrimenti non ci sarà più limite. Oggi è il mondo del lavoro ad avere bisogno del contributo di giovani qualificati, non il contrario. Se i datori di lavoro non sapranno valorizzarli se ne andranno ancora all’estero».
Un aspetto da non sottovalutare: del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per rilanciare l’economia dopo il Covid questi giovani sanno poco e niente.
Quasi il 35% di chi ha tra 18 e 22 anni non sa di che cosa si tratti, il 28% ne ha solo sentito parlare ma non ne sa molto e appena il 6% ne conosce bene i dettagli.
«I giovani non sono rassegnati ma il governo non li ha coinvolti abbastanza nella stesura del piano di rilancio del Paese, sui temi della digitalizzazione, dell’innovazione, della rivoluzione verde. Invece i giovani vanno presi sul serio» conclude Rosina.
Fonte: articolo di Chiara Daina per il «Corriere della Sera»
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