Dopo gli anni settanta ed ottanta che hanno portato ad un processo crescente di istituzionalizzazione dei servizi di promozione della cultura giovanile, sembra oggi
emergere una situazione di stallo rispetto a questa parte della popolazione. Vari tentativi sono sorti in questi decenni e tuttavia nessuno ha saputo caratterizzare a
lungo i processi di policy che le amministrazioni hanno messo in campo. Inoltre, il progressivo restringersi della base demografica di riferimento e il progressivocassorbimento di risorse da parte delle fasce anziane della popolazione hanno di fatto ridotto ad una ricorsività periodica le proposte rivolte ai giovani.
Per fortuna (e grazie all’impegno di pochi) i tentativi di sperimentare nuove proposte costruite con e per i giovani continuano a rigenerarsi secondo varie generazionalità e cicli di vita sul territorio nazionale. Tra queste alcune particolarmente significative si sono affermate in relazione contesti situazionali particolari, altre si sono affermate in combinazione con azioni più vaste di sensibilizzazione civile, altre ancora spontaneamente si aggregano periodicamente con intenti antagonisti.
Tutto ciò accade mentre il contesto sociale perdura nel concepire strumenti per una “moratoria” ad libitum che di fatto continua a marginalizzare e a rendere precaria questa componente sociale dai luoghi delle decisioni e non ne promuove la necessaria consapevolezza politica che ogni sistema democratico dovrebbe promuovere, al di la delle età di riferimento, per un equilibrato sviluppo sociale.
Allo stesso tempo le comunità, pur evocate e incentivate come spazio sociale per eccellenza per la riproduzione culturale e valoriale, sembrano ancora subire il fascino
dell’immobilizzazione attuata a partire dal secondo dopoguerra.
Complice il fattore demografico che vede nella componente dei baby boomers il gruppo generazionale più consistente (il doppio di ogni altro gruppo generazionale del nostro paese), le comunità sembrano aver smarrito la positiva serialità che Ardigò già nel 1980 ha ben descritto e metteva in relazione con la crisi di governabilità. Oggi questo fenomeno appare più chiaro. La generazione dei baby boomers, che idealmente racchiude i nati tra il 1945 ed il 1964, fenomeno identificato dapprima nei contesti occidentali a partire dall’esperienza americana, ha assunto in Italia proporzioni ancor più rilevanti.
L’analisi per classi di età della popolazione italiana in questi anni evidenzia come questa sia stata un’onda d’urto chè ha attirato a se tutte le risorse e gli investimenti disponibili.
Questo effetto ha generato molte opportunità buone per il paese a partire dall’epoca dei movimenti sociali degli anni 60 e 70 che hanno portato i temi della modernità
culturale nel nostro paese e una visibilità massiccia della componente giovane della popolazione.
Tuttavia con il passare del tempo questa coorte di circa vent’anni ha assorbito in modo impressionante ogni tipo di opportunità: l’espansione e il declino dei “nuovi quartieri” spesso a ridosso delle aree industriali; la generazione di nuclei abitativi connotati da una certa artificialità con i processi di creazione di parrocchie, luoghi residenziali spesso affrettati ed anonimi; l’espansione della burocrazia del paese sia come destino occupazionale che per l’ampiezza delle questioni di cui occuparsi, e così via.
Attualmente questa coorte si sta avviando all’uscita dalla vita attiva e gli effetti si vedono. Per queste persone si stanno espandendo i servizi per adulti ed anziani sia sul lato delle politiche di benessere come su quello del disagio fisico e psichico determinati dall’invecchiamento. L’effetto più evidente di questa complessità è ben rappresentato dall’attuale fase politica in cui i nuovi vincitori della recente partita elettorale sono tutti preoccupati di non perdere il consenso di chi spera che quell’assetto debba essere l’assetto di tutta la popolazione purché si cominci a non ridurre quella dei più anziani (vedi dibattito per abolire la legge Fornero).
Purtroppo, pero, dati alla mano, questo non sarà mai possibile. La quantità di risorse che questa coorte ha attirato a sé è stata palesemente rubata alle nuove generazioni che si devono destreggiare tra lavori precari, contratti in somministrazione e una bassissima voglia di famiglia e di generatività. Torneremo ancora su questo fenomeno perché connoterà il profilo di questo paese per i prossimi trent’anni e sarà difficile per i giovani ritagliare spazi politici di reale novità.
Alberto Zanutto è ricercatore presso il dipartimento di economia e management dell’Università degli studi di Trento dove si occupa di ricerca nell’ambito delle transizioni digitali del sistema sanitario. Insegna sociologia dell’organizzazione al corso di laurea per infermieri e fisioterapisti presso l’Università di Verona e sociologia generale presso l’Istituto teologico associato di Trento. Per molti anni è stato direttore e presidente della Scuola di preparazione sociale di Trento. In passato ha insegnato presso le università dell’Aquila, di Siena, di Brescia e di Trento.
Da sempre interessato al mondo giovanile e alle sue caratterizzazioni culturali e aggregative, ha sviluppato queste passioni attraverso vari impegni di ricerca e formazione ma anche attraverso una presenza attiva nel mondo del volontariato e in varie esperienze progettuali che gli hanno permesso di affinare lo sguardo includendo nelle sue analisi il punto di vista dei giovani attraverso le categorie della sociologia critica.
In passato si è occupato di orientamento scolastico, di formazione di formatori e di insegnanti. Molta parte dell’impegno didattico si è sviluppato nell’ambito del settore dei servizi sociali, in particolare per quanto riguarda i processi di inclusione e di autonomizzazione sociale.
Ha affrontato le tematiche che riguardano il mondo giovanile partecipando a diversi lavori di ricerca e editoriali. In particolare, è stato tra gli autori dell’ultimo Rapporto IARD 2006 e di una serie di lavori di ricerca sul contesto trentino collaborando con Iprase e partecipando all’avvio dei Piani giovani di zona della Provincia autonoma di Trento.
I suoi attuali interessi di ricerca riguardano la promozione del ruolo dei giovani nell’attivazione delle risorse locali attraverso l’impegno sociopolitico e la sensibilizzazione ai temi del genere. Ha promosso e supervisionato l’Osservatorio per i bisogni dei giovani in Valle dei Laghi e vari percorsi formativi e progettuali.
Continua a confrontarsi con i giovani nelle attività di docenza e nella progettazione e nella promozione di iniziative di cittadinanza responsabile.
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