Di Marco De Giorgi e Adriano Scaletta – WORKING PAPER –
“Il termine NEET (Not in Education, Employment or Training) è stato coniato nel Regno Unito sul finire del secolo scorso per descrivere la condizione di un gruppo di giovani che non erano impiegati, né impegnati in attività di formazione o istruzione. Ufficialmente è comparso per la prima volta in un rapporto sui giovani e il lavoro nel 1999, a cura di una commissione del governo britannico nata per affrontare il problema della disoccupazione giovanile.
Da allora, il termine NEET è stato utilizzato in molti altri contesti, per poi essere ufficialmente adottato dalle principali istituzioni internazionali. A partire dal 2000, il rapporto annuale di EUROSTAT rileva un indicatore relativo ai NEET fra i 18 e 29 anni di età, disaggregato per sesso e Stati membri. Negli anni ’10 è diventato un argomento centrale delle politiche pubbliche in tutti i paesi occidentali e oggetto di approfondimenti da parte di organismi internazionali come l’OCSE e l’Unione Europea.
Nel 2015 i NEET hanno fatto il loro ingresso nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’ONU, nell’ambito dell’obiettivo 8 (“promuovere una crescita economica sostenuta, inclusiva e sostenibile, il lavoro pieno e produttivo e il lavoro dignitoso per tutti”) e più specificatamente con il target 8.6 (“Ridurre sostanzialmente la proporzione di giovani che non sono impiegati e non seguono corsi di istruzione o formazione”).
La situazione NEET in Italia è piuttosto preoccupante in confronto ad altri paesi occidentali: secondo i dati ufficiali dell’OCSE, nel 2020 in Italia l’incidenza della condizione NEET tra i giovani tra i 15 e i 29 anni è stata del 23,7%, superiore alla media dell’area (17,5%). L’Italia risulta infatti essere il terzo paese OCSE per percentuale di giovani in condizione NEET, dopo la Turchia e il Messico.
Secondo i dati più recenti dell’ISTAT, nel 2020 il tasso di NEET tra i giovani tra i 15 e i 34 anni è del 24,9%, corrispondente a più di tre milioni di individui. In Italia il tasso di NEET è generalmente più elevato tra le donne (28,6%) rispetto agli uomini (21,4%) e tra i giovani del Sud (35,5%) rispetto al Nord (17,6%). Inoltre, la letteratura sull’argomento dimostra che il rischio di entrare nella condizione NEET è particolarmente alto tra i giovani senza un elevato livello di istruzione o provenienti da famiglie a basso reddito.
In generale, le percentuali di giovani in condizione NEET sono influenzate da diversi fattori socioeconomici e politici. Tra le cause principali del fenomeno ci sono la difficoltà di accesso al mondo del lavoro, la precarietà e la mancanza di opportunità, di formazione e di orientamento professionale. La pandemia da COVID-19 sembra poi aver ulteriormente aggravato la situazione.
Proprio da questi presupposti è nata la presente indagine, realizzata in parallelo a un’iniziativa promossa dal Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale che si è svolta in 11 città italiane tra aprile e maggio 2022. Si è trattato di un’opportunità di incontro tra le istituzioni nazionali che si occupano dei giovani e le migliaia di ragazzi e ragazze che ne hanno preso parte. Per un verso, l’intenzione era informare i giovani sulle opportunità di orientamento, formazione e avviamento al lavoro che a oggi sono offerte da un’ampia gamma di soggetti pubblici e privati; per l’altro, il Dipartimento ha voluto cogliere l’occasione di conoscere il punto di vista dei giovani sul fenomeno NEET.
Il presente rapporto segue gli argomenti affrontati con i giovani durante l’indagine e si struttura nel modo seguente: dopo la parte dedicata alla metodologia di ricerca (paragrafo 2), saranno esposti i dati relativi alle caratteristiche anagrafiche dei rispondenti e della loro condizione occupazionale, sia personale che familiare (paragrafo 3), per poi approfondire il livello di conoscenza del fenomeno da parte dei giovani, anche in termini quantitativi (paragrafo 4) e le principali motivazioni sul perché oggi in Italia aumenta il rischio di entrare nella condizione NEET (paragrafo 5). Seguono approfondimenti sulla percezione del futuro da parte dei giovani, in riferimento alla prospettiva di entrare nella condizione NEET (paragrafo 6) e ai timori conseguenti (paragrafo 7), per poi passare alle sensazioni provate da chi ha già vissuto questa esperienza (paragrafo 8). Gli ultimi due paragrafi sono dedicati all’opinione dei giovani sull’impegno dello Stato per ridurre il fenomeno (paragrafo 9) e alle loro riflessioni sugli interventi che ritengono più opportuni per il loro futuro (paragrafo 10).
L’indagine è stata pensata sin dalla sua ideazione come una ricerca-azione, con specifiche finalità operative e strumentali volte a contribuire all’impostazione di strategie nazionali che consentano di affrontare adeguatamente un fenomeno così importante per ampiezza e complessità”.
Qui è possibile scaricare e continuare a leggere il report: Ascoltare i giovani per ridurre il fenomeno dei NEET in Italia, De Giorgi, Scaletta
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