Le attività di “lavoro senza mercato” dei giovani

Lo scorso dicembre è stata presentata una ricerca biennale – condotta dalla Fondazione Unipolis in collaborazione con la Fondazione ADAPT – dal titolo I giovani tra mercato e non mercato. Lavoro, competenze e nuove professionalità.

La ricerca (che ha riguardato un campione di giovani italiani di età compresa tra i 15 e i 29 anni) ha preso le mosse dalla constatazione che la condizione giovanile all’interno del mondo del lavoro è sempre più caratterizzata da dinamiche di transizione continua tra mercato e non mercato, dinamiche che si rivelano più complesse rispetto alle tradizionali transizioni dall’occupazione alla disoccupazione (o viceversa).

In generale, la ricostruzione delle attività svolte dai giovani tra i 15 e i 29 anni nelle cosiddette “aree grigie” durante il passaggio dalla scuola al lavoro ha restituito un quadro complesso, in cui trovano spazio sia valide esperienze per la costruzione della professionalità (anche se poco riconosciute), sia percorsi maggiormente diffusi ma più esposti al rischio di abuso e snaturalizzazione.
Secondo i curatori della ricerca si tratta allora di riconnettere ai percorsi lavorativi dei tratti dei percorsi biografici che sono caratterizzati dallo svolgimento di attività che pur avendo un valore – spesso anche economico (lavoro senza mercato) – si svolgono in tali “aree grigie” (esperienze di alternanza scuola-lavoro; tirocinio, curriculare e non curriculare; volontariato; attività formative che implicano momenti di esperienza lavorativa; lavoro tramite piattaforma; lavoro nero…).

Attraverso un’indagine empirica in tre regioni italiane con caratteristiche socio-economiche differenti (Lombardia, Emilia-Romagna, Sicilia), lo studio ha analizzato le transizioni biografiche e lavorative di gruppi di giovani – con particolare riferimento alle attività di lavoro senza mercato (“aree grigie”) – al fine di mapparne la frequenza, le caratteristiche, gli esiti e individuare le condizioni che possono favorirne o ostacolarne la caratterizzazione come transitional employment e momenti di socializzazione lavorativa “capacitante”.​

La ricerca (attraverso alcune indicazioni di policy che si basano sull’integrazione delle prospettive teoriche dei mercati transizionali del lavoro e di quelle della socializzazione lavorativa come processo capacitante) ha inteso così contribuire al possibile ribaltamento della prospettiva che associa la professionalità esclusivamente alla fase adulta della vita, dando per scontata una sorta di antitesi tra giovane età e sviluppo ed esercizio della professionalità. Lo studio ha cercato invece di dimostrare come molte delle attività che i giovani svolgono nelle “aree grigie”, se adeguatamente valorizzate e tutelate, possono rappresentare dei “ponti” verso l’integrazione lavorativa e sociale e la realizzazione personale, nella convinzione che la professionalità sia un un’acquisizione che inizia fin da giovani.

Le policy (che riportano largamente quanto emerso durante i focus group e possono quindi essere intese come proposte che nascono dal vissuto di persone e realtà che si occupano quotidianamente di giovani) sono state raccolte in tre macro-aree, che corrispondo a diverse possibili strategie tra loro complementari:
prevenire: interventi miranti a prevenire gli effetti negativi delle transizioni tra scuola e lavoro e la ricaduta dei giovani in contesti di non mercato;
contrastare: interventi finalizzati a contrastare fenomeni quali l’obsolescenza delle conoscenze, il drop out scolastico, il lavoro povero;
costruire: interventi che richiedono l’adozione di un nuovo paradigma collaborativo tra istituzioni formative, imprese, terzo settore e enti locali in modo tale da realizzare sistemi (o meglio, ecosistemi) locali per lo sviluppo delle competenze e in grado di supportare le transizioni formative e professionali dei giovani (e non solo).

(Fonte: I giovani tra mercato e non mercato – fondazioneunipolis.org)

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