Politiche giovanili. Cosa succede in città?
Questa è una di quelle domande che “apre”. Da subito. Intanto perché è proprio la città (o il quartiere o il paese) il luogo in cui “succedono le cose”. In particolare qui ci si riferisce alla politiche giovanili che sono politiche locali, di comunità, che ricercano la partecipazione, il coinvolgimento, il protagonismo dei giovani che abitano quei territori “per fare” con loro una serie di attività, interventi, progetti.
Ma è anche abbastanza straordinario che nei Comuni si parli ancora di politiche giovanili: basta guardare questo grafico per vedere il disinteresse progressivo che c’è stato dal 2007 ad oggi. Infatti su Google, le parole “politiche giovanili” sono molto meno cercate… Non solo: il Fondo sui giovani è dimezzato rispetto all’avvio del Ministero, senza che ciò abbia destato scandalo (da 130 milioni di euro agli attuali 70).
Nel tempo, qualche aggiornamento sulle politiche giovanili è stato dato, ad esempio nel 2016, sia l’approfondimento “Cosa succede in città” sul sito dell’Agenzia Giovani (v. https://agenziagiovani.it/approfondimenti/politiche-giovanili-cosa-succede-in-citta/ ) e sia l’articolo su Welfare Oggi “Politiche giovanili oggi: a che punto siamo?” (v. https://www.giovaniecomunitalocali.it/politiche-giovanili-oggi-a-che-punto-siamo/ ). Ma già anche nel 2005, sulla Guida agli Enti Locali” (Ilsole24ore), si riportava “Politiche giovanili: progetti in ordine sparso” (v. https://issuu.com/home/published/2005._ilsole24ore ), per segnalare una serie di criticità più che evidenti, dove al centro degli interventi c’erano più logiche di contrasto da situazioni di devianza, riduzione rischi di marginalità ed esclusione, problemi sociali, ecc. Le politiche di promozione di opportunità, valorizzazione di talenti e merito prendono la forma di qualche azione e progetto, non diventano main stream nel Paese.
In effetti, negli anni, se descriviamo su una “gaussiana” le competenze (intese come misuratore del “talento” di ragazze/i, ci si accorge di come la maggior parte sia nella norma. Sulle estremità invece vi sono i rischi di esclusione (da una parte) e dall’altra invece i grandi talenti. Le politiche (e gli investimenti) si sono concentrate quasi esclusivamente sulla parte dei rischi di esclusione, senza pensare che valorizzando le eccellenze, si sarebbero attivate azioni di inclusione quasi “naturalmente”. Eppure le risorse per le politiche giovanili – intese per giovani in situazioni di normalità o per la valorizzazione di talento e merito – sono sempre state poche, occasionali e distribuite a macchia di leopardo nel Paese. Si pensi che già nel 1985 (Primo anno Internazionale della Gioventù) l’ANCI si pose come obiettivo quello di destinare almeno l’1% dell’intero bilancio di ogni singolo Comune alle politiche giovanili. [Fonte: Montanari, F. (1984), Gli Enti locali per una politica a favore dei giovani, in Aa.Vv., Dalle esperienze degli Enti locali, le idee di una politica nazionale per i giovani, Vicenza, Convegno Anci (15-16-17 novembre 1984)]. Obiettivo mai lontanamente raggiunto: si arrivò allo 0,01% in alcune rilevazioni (v. https://issuu.com/home/published/2005._ilsole24ore ).
Ritornando ad oggi, con il Recovery Plan, come cambiano le cose? Va segnalato subito che non vi sono risorse che siano esclusivamente per politiche giovanili, capaci di arricchire il fondo nazionale visto prima…Sembra che vi sia ancora il rischio di non vedere misure sistemiche, centrate su orientamento, su ricerca e formazione per la transizione scuola-lavoro (continua il mismatching tra Domanda ed Offerta).
C’è però il potenziamento del Sesto pilastro, previsto dall’ultimo Regolamento europeo (“Politiche per la prossima generazione, l’infanzia e i giovani”, come l’istruzione e le competenze).
Ciò in un Paese che invecchia e dove sono in diminuzione le nascite: secondo l’Istat, nel 2020 i nuovi nati sono sotto la soglia dei 400mila, per la prima volta dall’unità nazionale. In difficoltà anche il Matrimonio: l’età media è di quasi 39 anni; con calo di 96.687, -47,5% sul 2019 (-68,1% i matrimoni religiosi e -29% quelli con rito civile). Rispetto alla difficoltà delle nascite, oggi l’età media delle madri al parto è di 32 anni. La Tabella sotto, completa questa serie di dati…
Italia | UE | |
Giovani tra i 18 e 34 anni vive ancora con almeno un genitore | 64,3 | 28,2 |
Laureati tra i 30 ed i 34 anni (ultimi) | 27,8 | 40,7 |
Abbandono scolastico | 14,5 | 10,6 |
Neet tra 15 e 29 anni (ultimi) | 23,7 | 12,7 |
Disoccupazione giovanile | 30,3 | 14,9 |
No competenze digitali di base | 70% | 40% |
% Istruzione / PIL (- 11 miliardi eu) | 4 | 4,64 |
Docenti ultra50enni | 59% | 36% |
Ritornando al Recovery Plan, va detto che il nome originale è Next Generation Eu, proprio per sottolineare che serve ad investire sul futuro. Anche se questa parola non compare neppure una volta nei documenti predisposti dal Governo per la ripartenza. E sembra che nessuno abbia capito che i fondi europei devono avviare un processo di trasformazione profonda del sistema socioeconomico [L’Espresso, 27 ottobre 2020.]
Arrivati fino a qui, vediamo invece cosa c’è e cosa manca nel panorama delle politiche giovanili nazionali e locali.
SI | NO | |
Ministero Politiche Giovanili | x | |
Commissione Interparlamentare | x | |
Agenzia Nazionale Giovani | x | |
Consiglio Nazionale Giovani | x | |
Leggi regionali | x | |
Assessorati Comunali (90%) | x |
SI | NO | |
Legge nazionale | x | |
Coordinamento Regionali | x | |
Coordinamento Informagiovani | x | |
Registro Nazionale Centri Giovani | x | |
Registro Nazionale associazioni giovanili / Forum | x | |
Osservatorio Nazionale Giovani | x | |
Riconoscimento dello Youth Workers | x |
Ad oggi, mentre le Regioni – nella loro storia – hanno avuto tutte una legge sui giovani, manca quella nazionale, così come ancora non c’è un Coordinamento istituzionale e dei principali servizi, di cui non vi sono ne albi, ne elenchi… Criticità è anche il non riconoscimento della figura professionale dello Youth Worker.
In assenza di riferimenti nazionali, dobbiamo guardare all’Europa, dove la Strategia per la gioventù (2019-2027), mette al centro il mobilitare, il connettere ed il responsabilizzare.
Questo tipo di interventi, aumenta l’apprendimento di competenze in modo definitivo ed è per questo che va perseguito (v. Figura sotto).
Queste competenze sono utili ai mestieri oggi più richiesti, che per semplicità vengono abbinati ad un colore:
BLUE JOBS (settori marino e marittimo in chiave ecologica)
BROWN JOBS (agricoltura e mestieri della terra)
GREEN JOBS (green economy, energia, sostenibilità)
ORANGE JOBS (professioni digitali)
WHITE JOBS (professioni socialil e sanitarie, servizi alla persona, educazione e cultura)
Queste nuove professioni, vedono molto interesse e competenze dei giovani, che nel digitale vedono ampi di libertà, autonomia e partecipazione reale che nel rapporto con le istituzioni locali non vedono più da anni e molti non hanno mail visto (si pensi come è difficile avere a disposizione uno spazio per i giovani, nonostante la mole di spazi vuoti…). Si vede quindi come oggi non siano più i giovani ad aver bisogno dell’aiuto della società, ma al contrario è proprio la società che ha bisogno dell’aiuto dei giovani. Di conseguenza le politiche giovanili devono fare il passaggio dall’essere con e per i giovani, a diventare le politiche giovanili dei giovani.
Photo by mauro mora on Unsplash
Giovanni Campagnoli è presidente della Fondazione Riusiamo l’Italia e si occupa in particolare di rigenerazione urbana e di start up culturali. Ha lavorato in Hangar Piemonte (www.hangarpiemonte.it) ed è stato (dal 2017 al 2021) membro del consiglio direttivo dell’Agenzia nazionale giovani.
Dal 2004 dirige la rete politichegiovanili.it, lavorando nell’ambito della ricerca, della consulenza e della formazione su politiche pubbliche per la gioventù, in particolare start up, nuovi lavori, spazi di aggregazione e centri di innovazione culturale e sociale.
Nell’ambito delle politiche giovanili ha collaborato per anni con la Provincia autonoma di Trento, con Rete Iter, con le cooperative sociali Lotta di Sesto San Giovanni, Aurora Domus di Parma e Smart di Rovereto, con il Centro servizi volontariato Varese, con il Comune di Verbania e con la Fondazione Compagnia di San Paolo. Ha inoltre lavorato per il Comune di Rovereto (consulenza al Tavolo organizzazioni giovanili) e per le città di Formigine (progettazione incubatore su social innovation), Monza (candidatura a capitale italiana dei giovani) e Piacenza (progetto No Neet).
Dal 1993 al 2013 è stato amministratore della cooperativa sociale Vedogiovane (NO), occupandosi dell’area politiche giovanili, con attività di formazione e consulenza a molti enti pubblici e del terzo settore. Successivamente ha lavorato per l’Incubatore certificato Enne3 dell’Università del Piemonte Orientale.
Sul tema delle politiche giovanili ha curato numerose ricerche e pubblicazioni.
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