Sul tema della resilienza molto è stato pubblicato negli ultimi anni dal punto di vista psicologico e pedagogico, con proposte di interventi volti a rafforzare tale caratteristica di personalità nei singoli individui. Meno numerose sono le indagini e le proposte per quanto riguarda la resilienza delle comunità e delle organizzazioni, scarse quelle finalizzate all’obiettivo di analizzare i modelli culturali e le weltanschauung dominanti per comprendere quanto siano coerenti con una crescita della resilienza sociale. Sembra anzi che la finalità implicita di molte indicazioni di intervento sia quella di rafforzare l’individuo in un contesto caotico e disorientante, attrezzandolo per affrontare le inevitabili difficoltà in modo solitario e competitivo, tramite una corsa senza fine all’acquisizione di competenze sempre maggiori e sempre diverse. E addossandogli in questo modo tutta la responsabilità di un eventuale insuccesso. Il rischio in varie concezioni della resilienza è infatti quello di ridurla a capacità di adattarsi in un contesto problematico, senza aprire interrogativi sulla possibilità o addirittura la necessità di impegnarsi invece per un cambiamento del sistema.
Questa deriva verso un approccio individualistico di sopravvivenza e di soluzioni adattive, spesso di mero galleggiamento, pone gravi problemi anche a livello educativo, rinviando a interrogativi di vecchia data sul rapporto comunità-individuo, oggi troppo sbilanciato sul secondo versante. Le proposte non possono che partire dall’alternativa fra due modelli: uno, quello oggi più diffuso di matrice neoliberista, per cui il dato della progressiva destrutturazione sociale è irreversibile e quindi bisogna dotare gli individui di strumenti e competenze per navigare a vista e cavarsela da soli; l’altro, che invece ritiene necessario il cambiamento degli attuali assetti sociali per promuovere un sistema più equo, più sostenibile, più coerente con il principio di uguale dignità di tutti gli esseri umani.
L’artwork è stato realizzato da Mathias Drescig, che in vista della festa della donna dell’8 marzo, ha rappresentato la figura femminile in quanto simbolo di nascita, delicatezza e forza.
Dopo la maturità classica a Udine si è laureata in sociologia a Trento. Ha prima insegnato sociologia e psicologia alle Scuole per infermieri professionali dell’Ospedale Civile di Udine, per svolgere poi la sua carriera professionale come docente di diritto e di economia nelle scuole superiori.
Ha collaborato con l’Università di Udine e con il MIUR sulle tematiche dell’orientamento e dell’innovazione didattica, tenendo corsi alle Scuole di specializzazione all’insegnamento secondario (SSIS) e fungendo da tutor del Piano nazionale di orientamento del MIUR.
Nel 2006 ha conseguito un titolo di perfezionamento universitario sull’orientamento formativo e nel 2012 una qualificazione per attività di docenza in e-learning, preliminare all’incarico nel master on line dell’Università di Udine per «Formatori in didattica delle scienze».
Tra il 2013 e il 2014 è stata componente del team ministeriale per la gestione del progetto «Mobilità sociale e merito» promosso dal MIUR e dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Ha partecipato a ricerche sull’educazione, collaborato con il Centro interuniversitario GEO (Giovani, Educazione, Orientamento) e condotto corsi di formazione per insegnanti e genitori.
Ha pubblicato due libri per gli studenti (Io e lo studio. Metodo e competenze, Goliardica editrice 2013; Un ragazzo come tanti, Agenzia libraria editrice 2004), due raccolte di poesie, testi in pubblicazioni collettanee e articoli per riviste cartacee e on line che si occupano di educazione, scuola e orientamento.
Attualmente è responsabile della pastorale scolastica nella diocesi di Gorizia, tiene corsi all’Università per la Terza Età di Cervignano del Friuli, collabora a ricerche su giovani e scuola e partecipa a varie attività culturali.
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